LA MIA FOTOGRAFIA DI PALIO
I Colori, i Brividi e il Sudore degli Scatti sul Tufo
Quello che gira attorno al Palio è tendenzialmente un mondo coniugato al maschile, fatto di un’estetica epica e impetuosa, di passioni sanguigne e viscerali che si traducono spesso in espressioni di potenza, fierezza e senso di appartenenza a un popolo, a testimonianza forse di un’antica ma mai dimenticata reminiscenza di guerrieri orgogliosi e invincibili. Una complessità risolta in quella che potrei definire come una “mascolina senesità”, un modo di essere che non accetta compromessi di nessun tipo, perché il Palio è una vita intera e la vita è proprio come ogni palio, in cui se arrivi secondo, sei comunque un perdente.
Lo stesso accade nella fotografia di Palio, un ambito quasi esclusivamente riservato agli uomini e per questo abbastanza scettico e diffidente verso le potenzialità di un obiettivo femminile, che spesso viene visto come fin troppo “poco resistente” per raccontare l’epopea crescente dei quattro giorni del Palio, che culmina con una giornata lunghissima ed estenuante, densa di ansie ed emozioni. Ogni 2 luglio e ogni 16 Agosto infatti, la giornata per i fotogiornalisti comincia alle sei di mattina con la messa del fantino in una Piazza del Campo quasi vuota, prosegue con la provaccia e il corteo storico, sotto il sole di fuoco del primo pomeriggio, una corsa quasi sempre al cardiopalma e per finire il giubilo della contrada vittoriosa, il momento forse più impegnativo e fisicamente massacrante di tutte le infinite 96 ore di Palio. Al termine della carriera, infatti, non ci sono scuse, non c’è tempo per cambiare lente e né per dare un altro settaggio alla macchina, perché se stai là nel mezzo ad esitare, vieni immancabilmente travolta. A fine corsa si deve essere indiscutibilmente pronti. Si deve essere un qualcosa a metà tra un “ariete da piazza”, dotato di quella resistenza e saldezza tipicamente maschile e un “Kamikaze con l’obiettivo” in grado di fronteggiare un fiume tumultuoso di persone e allo stesso tempo essere capaci di scattare l’emozione e la gioia da vicino, talmente vicino da sentirne l’odore, toccare le lacrime e mischiarsi al sudore di chi si porta in contrada il sospirato drappellone. E vi assicuro, per una donna non è facile. Tuttavia, questa è per me la sfida più bella ed è un brivido che si ripete ogni volta. Adrenalina pura. La passione, l’irruenza, le emozioni agitate sui volti madidi della gente, le lacrime, la gioia e il sudore, tutto in pochi scatti, che trovano la loro unicità in ragione del netto contrasto fra la mascolina irruenza paliesca e la mia rotonda sensibilità di obiettivo femminile, probabilmente più intimistico e sottile di quanto possa essere una prospettiva maschile.
Scatti concitati, a volte imperfetti, ma densi e sanguigni, scatti tanto faticosi quanto irripetibili, scatti che dopo averli portati a casa mi rendono orgogliosa del lavoro fatto: ritratti e racconti di palio, che racchiudono in sé l’essenza stessa della più ancestrale senesità. Una fotografia impetuosa ed emozionale, in cui la tecnica e il self control contano sicuramente tanto, ma in cui il cuore e l’anima la fanno da padroni.
IL PALIO A COLORI
Proprio come alcuni tipi di fotografia che per loro natura trovano la loro migliore espressione in bianco e nero, credo che invece la fotografia di palio non possa che essere a colori, perché il colore è l’essenza stessa del Palio, l’elemento più importante, senza il quale si perderebbe gran parte del suo significato. Il Palio è esso stesso colore, il colore delle contrade, il colore dorato del tufo che riveste con il suo abito migliore l’anello della Piazza del Campo, il colore delle emozioni più forti e totalizzanti. La mia fotografia di palio è quindi tendenzialmente a colori, con contrasti netti, tinte forti e controluce ricorrenti, che imprimono alla foto un ulteriore grado di drammaticità e spettacolarità. Un tipo di fotografia in cui curo in maniera quasi maniacale la composizione degli spazi e l’armonicità delle forme, in cui al contrario la postproduzione è ridotta al minimo, poiché si tratta di scatti già densi di significato e saturi di emozioni, che non hanno certo bisogno di effetti speciali.
IL MIO EQUIPAGGIAMENTO
Sono molti anni che faccio fotografia di Palio, ma la domanda è sempre la stessa: qual è l’obiettivo da Palio? Probabilmente non esiste la risposta “giusta” a questa domanda, ma solo diversi punti di vista, più o meno azzeccati rispetto a quello a cui si vuole dare risalto e a quello a cui si vuole dare enfasi. Seguendo il Palio da un punto di vista fotogiornalistico e reportagista però la scelta è abbastanza netta: un tele per cogliere dettagli e particolari, un grandangolo per raccontare la coralità di un evento che senza la partecipazione del popolo non esisterebbe.
Scattando come fotografo accreditato, quindi da una posizione privilegiata come quella dal tufo, sia per quanto riguarda la Mossa, la curva di San Martino e le varie “camicie” (gli spazi a ridosso degli steccati all’interno della Piazza), il must è l’intramontabile 70-200 2.8, che assicura l’incisività del soggetto a fuoco e dietro uno sfocato molto morbido e piacevole, sia con una luce ottimale ma anche in una situazione di luce scarsa. Unico neo del tele è che dalla posizione della Mossa, abbastanza vicino al canape, il 70-200 non permette di inquadrare tutta la larghezza ma solo una porzione della mossa, per cui o si inquadra la rincorsa, o si inquadra la testa dei partenti. Sempre in tema di lenti, poiché la mia fotografia di palio è generalmente molto corale e focalizzata sulla collettività dell’evento, nei momenti in cui il popolo diventa il protagonista faccio largamente uso di obiettivi grandangolari ad elevata luminosità, dal 14-24mm f/2.8, 17-35mm f/2.8 fino al meno spinto ma molto versatile 24-70 mm, sempre f/2.8.
Per quanto riguarda il corpo macchina, da anni utilizzo l’ammiraglia Nikon D5, una reflex di certo pesante ma decisamente performante e robusta, in grado di assicurarmi prestazioni ottime in termini di ISO, velocità di MAF e di scatto, ma anche di reggere il colpo di situazioni limite come quelle di un “giubilo” della contrada vittoriosa in Piazza. Sebbene il Palio di Siena sia un evento molto impegnativo da seguire fotograficamente e richieda di conseguenza di essere il più leggeri possibile, lavorando preferibilmente con un solo corpo macchina alternando le due lenti, trovo talvolta limitante utilizzare solo la D5 e a volte, in occasione delle Prove, esco anche con un secondo corpo macchina, su cui monto la lente grandangolare, il che mi permette di riprendere velocemente le uscite di piazza dei vari popoli con inquadrature molto ampie, preferibilmente dal basso, realizzando scatti molto particolari.
Per quanto riguarda la postproduzione, in situazione di buona luce e a patto di utilizzare buone ottiche, generalmente la mia Fotografia di Palio necessita davvero di pochi interventi, sia grazie ai colori accesi delle contrade e del tufo, sia grazie al “contesto paesaggistico” che sono già spettacolari di per sè. Ovviamente ciò non vale per tutte quelle situazioni di fortissimi contrasti tra luci ed ombre, come ad esempio durante il Corteo Storico, quando in posizione Mossa ci si trova davanti ai figuranti in ombra con un background completamente al sole, il che rende lo scatto grandangolare praticamente impossibile anche in Raw.
ALESSIA BRUCHI
FOTOGRAFO PALIO DI SIENA
ALESSIA BRUCHI FOTOGRAFO PALIO DI SIENA
Nata a Siena nel Novembre 1977, giornalista e fotoreporter, una laurea in Comunicazione e un master in Marketing, contradaiola del Bruco, profondamente legata alla fotografia di reportage e a quella del mondo del Palio, collabora attualmente come fotogiornalista con diverse agenzie e testate d'informazione locale e nazionale.
31
IL NUMERO DEI PALII CHE HO VISTO DAL TUFO
3897
TAZZINE DI CAFFE'
4
LE VOLTE CHE HO VISTO VINCERE LA MIA CONTRADA
∞
I LITRI D'ACQUA BEVUTI IN PIAZZA
“Il Palio è tre minuti con il cuore in gola, quattro giorni senza fiato, una vita da respirare a pieni polmoni.”